Dimensioni 2019
DIMENSIONI – IV EDIZIONE
Fra le manifestazioni che l’associazione “Delfare” ha proposto nei suoi dieci anni di operato, Dimensioni, che mette insieme e prova a fare dialogare arte e artigianato, si avvia a diventare uno degli appuntamenti fissi delle iniziative che hanno come scenario la nostra città. Non è poco, neppure in un momento che vede tanti progetti susseguirsi e spesso, esaurirsi entro termini ristretti, anche solo considerando i tempi di scadenza delle offerte culturali a misura dell’accelerazione imposta dai nuovi media. L’impatto che essi assumono sul complesso delle attività e delle relazioni umane determina una serie di mutamenti la cui profondità sfugge alla nostra percezione, sia per la velocità con cui si verificano sia per la pervasività delle nuove tecnologie, soft per definizione. Il display è una sorta di seconda pelle, portatile, flessibile, elastico diaframma con i pixel in luogo dei pori; o un ulteriore strato annesso alla corteccia cerebrale – il cervello elettronico come eso-mente, intelletto di complemento che altera modi di produrre, di consumare, di comunicare, di pensare, di vivere. Più che mai, diventa problematico stabilire a quale immagine ancorare una realtà che sembra non potersi ridurre a una sola immagine o a un punto di vista unitario: che, pure, se possiamo immaginare sussista, sarà nella disponibilità dei controllori del traffico informatico, ma, certamente, non è il nostro, tanto per sentirci sollevati o per quanto non vorremmo sentirci spiati. Vale anche per la creatività, privilegio di cui la nostra specie è gelosa, anche e anzi, tanto più di fronte ai paradigmi antropologici emergenti, al cui confronto questa pretesa di ‘analogica’ esclusività apparirà patetica – computer do it better (l’incompiuta Ottava sinfonia di Schubert completata dalla Huawei: meglio di chiunque osasse, ma non meglio di Schubert, si presume).
Dal pollice opponibile all’indice cursore/corrivo, il passo – procedendo sempre sulle mani – sembra breve, ma la distanza è enorme e evolutivamente irreversibile: la cesura fra il prima, avanti il computer e il séguito, dopo il computer, è netta: per sfuggirne o scriverlo a soggetto o sotto dettatura, il destino è nelle nostre mani – per la precisione, sulla punta delle dita. Stare con le mani sulla tastiera, a fare da appendice o terminale di una community, come appesi all’orlo del pianeta cui quell’accesso magico fa da rampa di lancio o pista d’atterraggio, è una sensazione strana e si direbbe, al momento, inesplorata – il mondo al di là dello schermo rimane un miraggio.
Che non rimane senza effetti: qualcosa ne riverbera da questa parte dello specchio. Nell’éra delle stampanti in 3d, tanto più sottile di quello che pone e anzi, sovrappone il display ai nostri orizzonti più e meno distanti si rivela il confine che corre fra arte e artigianato. Un confine mobile, percorso, in modo esplicito o senza pensarci su, lungo una storia che spazia dalle età pre-industriali a quella post-industriale, per rifarne qui forme canoniche e varianti. Non si può fare a meno di pensare, in prima e doverosa istanza, alle tradizioni artigianali della nostra terra: la ceramica, innanzi tutto, con i vasi decorati che risalgono all’età pre-greca e giungono fino a noi, con centri di produzione quali Caltagirone e Santo Stefano di Camastra. Ma anche una dimensione più internazionale ci riporta da noi, alle ceramiche Florio, a Ernesto Basile e a Vittorio Ducrot, se fra i precedenti che piace ricordare pensiamo al movimento Arts & Crafts, Arti e Mestieri, che fece da apripista non al solo Liberty e a quanto ne derivò: reazione alla produzione seriale, sulla scia impressa da Augustus Pugin all’architettura e all’arte inglese, all’impulso sul piano intellettuale dovuto a John Ruskin e a William Morris su quello operativo, segnando una fase storica fondamentale nel passaggio dall’Ottocento al Novecento. La flessibilità del sistema e della società industrializzata non avrebbe tardato a dirottare la spinta da cui era partito quel movimento in controtendenza nel ciclo continuo delle mode e nell’intreccio e ‘contaminazione’ fra i diversi ambiti della produzione e della comunicazione. Non è il caso e in effetti, non è necessario soffermarsi qui neppure brevemente sui fenomeni in atto. Ma il precedente di Arts & Crafts ci permette di ritrovare dalle nostre parti, col nesso di storia locale e dimensione globale, come si dice oggi, il rapporto – naturale, osmotico, complementare – fra arte e artigianato, se pensiamo a una delle ville che concorrono al prestigio internazionale di Taormina, Casa Cuseni, santuario, del resto, non solo del movimento, ma delle sue metamorfosi e derivazioni. Per tornare al punto da cui siamo partiti, quel confine, arte/artigianato, è labile e permeabile fra termini che hanno in comune la radice verbale, in cui l’etimologia sbarazza il campo da ogni priorità o gerarchia di valore. A questo dato di fatto e di parola ci atteniamo. Palazzo Minoriti accoglie un binomio che resiste ai tempi. I tempi sono questi. Belli, per chi ama le partite difficili.
Rocco Giudice.